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Il sogno di un bambino

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All’interno dell’antico Salone del Granaio, nel 1995, insieme all’attuale ex-sindaco di Cavriglia Enzo Brogi, oggi Consigliere Regionale, Luciano e Tiziana buttarono giù il progetto dell’evento letterario Fogli di Tè, ovvero una serie di presentazioni di libri di autori più o meno conosciuti, focalizzati sul territorio valdarnese ma non solo, da organizzare ogni inverno, la domenica pomeriggio all’ora del tè.

 

L’idea apparve fin da subito davvero esaltante e da allora Fogli di Tè ogni domenica di gennaio, febbraio e marzo ha luogo nello scenario suggestivo del Salone con grande successo.

Ma gli eventi letterari a Villa Barberino non si sono limitati a ciò.

Ogni anni d’estate viene organizzata la rassegna letteraria “La luna nel pozzo“, in cui vari poeti della vallata e della Toscana intervengono con letture e ricordi della Toscana Mezzadrile.

 

E’ invece del 2008 la pubblicazione del libro Babbo, ho fatto un sogno di Filippo Boni, figlio di Tiziana e Luciano. Il romanzo autobiografico racconta la storia del giovane autore e soprattutto quella della sua famiglia radicata nei secoli nel fazzoletto di terra valdarnese, che dal 1988 ha iniziato il recupero di Barberino. Il professore dell’Università di Firenze Fabio Bertini, nella prefazione ha scritto:

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“È bello e commovente, eppure non si può piangere perché non è retorica, è realtà del vivere che contiene una forza. Ciò che Filippo ha scritto sono memorie e note di un’esistenza familiare, filtrate con poetica affabulazione. Ma non sono soltanto questo. Sono l’epica e il poema della toscanità, vissuta come svolgersi di valori testimoniati dalle generazioni emerse dal tempo delle campagne e persistenti perché interiori e sanzionati dal sacrificio. E sono anche espressione di una narrativa che nasce dai campi e dagli alberi come da un lessico speciale che coinvolge gli uomini e le donne, le famiglie e gli umori. Appartengono a una forza del raccontare che non ha pari nel mondo, che ha i suoi protagonisti in Fucini e nei fuciniani popolari, talvolta sconosciuti, in Tozzi, in Bilenchi, in Cassola, per l’equilibrio che i colori delle foglie, i profumi, i fremiti delle cose raggiungono con i fermenti dell’anima. Più costoro che Pratolini, dove assai spesso si percepisce un carico di costruzione retorica come se fosse faticoso ritrovare i valori fondamentali nella città che li ha perduti per sempre e vive d’altro. Le pagine di Filippo appartengono a una storia di uomini e cose che si svolge tra la caparbietà dell’esistenza e la dolcezza del paesaggio.

 

E questa dolcezza non è il prodotto di un naturale dono divino dell’Eden, ma la faticosa costruzione di tante volontà coese da un’interpretazione dell’esistenza a conformare il paesaggio, la terra, i luoghi del vivere. È il nucleo forte della storia toscana, caparbia al punto di fare fronte all’arrembante incalzare di distruttivi valori provenienti da altri mondi con in poppa il vento della storia, intrisi di egoistici e mirabolanti traguardi, di solipsismo, di miracolistico e frustrante senso della velocità dell’esistenza, del fagocitare l’umanità dell’altro. Nella storia che, intorno al sogno della fattoria di Meleto, si snoda in queste pagine, le generazioni si toccano e si comprendono in un continuum di valori che si trasfondono e si reinterpretano senza togliere niente e senza piegarsi a niente. Il bene è il frutto di un solidale far fronte all’esistenza, il male è il perenne incombere di un destino che la volontà degli uomini rende, alla lunga, perdente. Non c’è male che regga al lungo tempo della comunità familiare densa di valori storicamente preparati a guardare al futuro anche nel momento più duro e infecondo dell’esistenza.

 

La Fattoria di Meleto è il luogo di un’antica nobiltà proprietaria al declino della storia, di un impianto economico mezzadrile giunto al crepuscolo dopo l’apogeo, di sogni che si rendono reali, di un fare familiare che è talmente forte da permeare l’anima e farsi letteratura, come nelle pagine del lungo racconto di un divenire sociale ed economico ininterrotto ed eterno finché non si perderà il filo di sentimenti che sono prima di tutto poesia”.